IL GIUDICE DI PACE Letta la comparsa di costituzione e risposta depositata in atti dalla Navale Assicurazioni S.p.a. nella causa iscritta al n. R.G. 5302/2007 presso questo Giudice di Pace, instaurata da Basile Giuseppe avente ad oggetto domanda di risarcimento danni da sinistro stradale, con la quale la convenuta Compagnia di Assicurazioni sollevava questione di incostituzionalita' delle disposizioni di cui all'articoli 149-150 d.lgs. n. 209/2005 e del regolamento di attuazione (d.P.R. n. 254/2006) ai sensi dell'art. 134 della Costituzione e dell'art. 23 legge n. 87/1953; Ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla convenuta in relazione agli articoli 149 e 150 della Costituzione in relazione agli articoli 3 e 76 della Costituzione della Repubblica Italiana; Osservato e rilevato che, ad avviso di questo giudice, le summenzionate norme acquistano rilevanza sotto il profilo dell'incostituzionalita'; ritenuta quindi la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla convenuta degli articoli 149 e 150 del Codice delle assicurazioni per contrasto con gli articoli 3 e 76 della Costituzione. Riportandosi alla narrativa di cui alla comparsa di costituzione e risposta ed alla verbalizzazione della convenuta all'udienza del 7 gennaio 2008, a scioglimento della riserva, ritiene di sollevare questione di legittimita' costituzionale delle sopra indicate norme avanti alla ecc.ma Corte costituzionale per i seguenti M o t i v i Il d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209, Codice delle assicurazioni private, ha introdotto nell'ordinamento italiano una nuova procedura per il risarcimento del danno cagionato a seguito di sinistri verificatisi in occasione della circolazione dei veicoli sulle strade. La nuova procedura di liquidazione introdotta dalla normativa, rubricata «indennizzo diretto», avrebbe dovuto, secondo le intenzioni del legislatore, facilitare e stringere i tempi della liquidazione dei danni e contribuire a contenere i costi assicurativi. Vi sono vari profili ed aspetti problematici derivanti dall'applicazione concreta di dette disposizioni che evidenziano dubbi di legittimita' costituzionalita' dell'impianto normativo e regolamentare della procedura di indennizzo diretto. 1) Rilevanza della questione. Nel procedimento in cui e' stata sollevata la questione di legittimita' costituzionale, l'attore Basile Giuseppe ha convenuto in giudizio la Navale assicurazioni S.p.a., compagnia che lo assicura per la r.c.a., in conformita' ed applicazione della disciplina stabilita dagli articoli 149 e 150 del Codice delle Assicurazioni. Nel caso de quo sussiste un evidente collegamento giuridico, e non di mero fatto, fra la res oggetto di giudizio e le norme di legge ritenute in contrasto con il dettato costituzionale. Inoltre il collegamento appare fondamentale anche ai fini sostanziali, atteso che, in assenza di detti articoli 149 e 150 l'azione del danneggiato sarebbe stata proposta nei confronti del responsabile civile, o anche della sua compagnia assicuratrice con azione diretta, soggetti diversi dall'odierna convenuta: pertanto la conformita' o meno alla normativa costituzionale degli articoli 149 e 150 del Codice delle assicurazioni private appare determinante e rilevante ai fini decisori, atteso che, ove le predette disposizioni fossero dichiarate incostituzionali la domanda risarcitoria del danneggiato dovrebbe essere rivolte al responsabile civile e/o alla rispettiva compagnia assicuratrice. Sussiste quindi un rapporto di strumentalita' necessaria fra la risoluzione della questione di legittimita' costituzionale e la decisione del giudizio principale, dovendo le predette norme essere applicate alla fattispecie de quo. 2) Non manifesta infondatezza. a) Violazione dell'art. 3 della Costituzione. Un principio fondamentale della nostra Carta costituzionale e' quello dell'uguaglianza del cittadini davanti alla legge. L'introduzione della procedura liquidativa di indennizzo diretto comporta che i cittadini, danneggiati da un unico fatto illecito «sinistro stradale» dovranno vedersi applicare norme giuridiche differenti per ottenere il risarcimento dei danni patiti a seconda della tipologia del sinistro. Invero l'art. 149 del codice si applica unicamente in caso di sinistro tra due veicoli a motore identificati ed assicurati per la responsabilita' civile obbligatoria, dal quale siano derivati danni ai veicoli coinvolti o ai loro conducenti. La procedura in questione riguarda i danni al veicolo nonche' i danni alle cose trasportate di proprieta' dell'assicurato o del conducente, e si applica altresi' al danno alla persona subito dal conducente non responsabile se risulta contenuto nel limite previsto dall'art. 139, mentre non si applica ai sinistri avvenuti all'estero ed al risarcimento del danno subito dal terzo trasportato. Tralasciando la fattispecie del sinistro avvenuto fuori dal territorio dello stato che necessariamente deve essere assoggettato una procedura liquidativa particolare, non vi e' dubbio che con il nuovo impianto normativo, un medesimo sinistro possa dar luogo all'instaurazione di molteplici procedure liquidative, differenti fra loro ed in grado di porre ingiustificatamente in una posizione di disuguaglianza i cittadini. In primo luogo i soggetti danneggiati in un sinistro avvenuto fra tre o piu' veicoli a motore, i quali devono avviare la c.d. procedura ordinaria di risarcimento ex art. 148 del Codice delle assicurazioni; in secondo luogo i conducenti che subiscano lesioni personali non contenute nel limite previsto dall'art. 139, i quali devono anch'essi usufruire della procedura ordinaria di risarcimento di cui all'art. 148, con l'ulteriore aggravante che al momento della formulazione della richiesta di risarcimento danni, e quindi al momento dell'individuazione del proprio contraddittore, il danneggiato non e' in grado di sapere a quanto ammonti il danno biologico subito in termini percentuali, trattandosi di una valutazione prettamente medico-legale determinabile solo all'esito della chiusura della malattia, e se si astratti o meno di lesioni di lieve entita' ai sensi dell'art. 139; con la conseguenza che tale conducente non e' in grado di sapere almeno fino a quando la valutazione medico-legale divenga definitiva - cosa che si verifica frequentemente a lunga distanza - dal verificarsi del sinistro - verso quale compagnia assicuratrice rivolgere la propria richiesta danni (fa propria o quella del responsabile civile). Il bene salute, costituzionalmente tutelato, e' unico e non suscettibile di siffatte distinzioni, specie quando l'assoggettamento a diverse procedure liquidative non trova alcuna ragione logica: infatti non e' dato ravvisare la regione per la quale le lesioni c.d. di lieve entita' contenute nel limite di cui all'art. 139 restino assoggettate alla procedure di indennizzo diretto e quelle superiori invece no. Ancora una disparita' si verifica relativamente al danno subito dal terzo trasportato il quale, ai sensi dell'art. 141 Cod. delle assicurazioni, viene risarcito dall'impresa assicuratrice del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro. A prescindere dall'accertamento delle rispettive responsabilita' dei conducenti. Altra disparita' concerne ancora il trattamento riservato ai pedoni, ciclisti, o altri beni ai quali ancora non si applica la procedura di indennizzo diretto, ma quella ordinaria ex art. 148. E' evidente quindi che lo scopo precipuo perseguito dal legislatore di accelerare i tempi di liquidazione venga attuato unicamente ed in maniera irrazionale ed ingiustificata per alcuni soltanto dei cittadini ovvero per quelli a cui risulti in concreto applicabile la predetta procedura, mentre per altri l'accadimento di un sinistro rischia di tradursi nell'instaurazione di un farraginoso meccanismo. La problematica e' complessa perche' la normativa sull'indennizzo diretto non si limita a stabilire a chi richiedere il risarcimento dei danni subiti (alla propria compagnia assicuratrice ovvero a quella del responsabile civile) e a stabilire determinate regole procedurali (ovvero che debba essere convenuto in giudizio un soggetto diverso dal civilmente responsabile, quale la propria compagnia assicuratrice) ma detta anche diversi criteri di risarcimento e, conseguentemente una diversa applicazione, del diritto sostanziale. Invero l'art. 150 prevede, rinviando all'uopo ad successivo decreto attuativo, che vengano individuati precisi criteri di risarcimento nei casi di indennizzo diretto. Ed infatti con il d.P.R. n. 256/2006 prevede l'adozione di precisi criteri per l'indennizzo diretto, statuendo pertanto per decreto, il grado di responsabilita' delle parti, ed il limite di risarcibilita' del danno accessorio, attuando un diverso trattamento fra chi viene assoggettato al risarcimento diretto e chi non lo e', in quanto il primo non potra' vedersi riconoscere danni accessori ed in particolare restera' esclusa la corresponsione del rimborso delle spese sostenute per la consulenza o assistenza professionale di cui si sia avvalso ad eccezione di quella medico-legale per i danni alla persona, mentre il secondo potra' ricevere come sempre avvenuto, il rimborso di tali spese, non essendovi un divieto analogo nella disciplina della procedure ordinaria; inoltre il primo si vedra' attribuire una responsabilita' diversa o comunque determinata in maniera diversa rispetto alle previsioni di carattere generale di cui all'art. 2054 c.c., mentre il secondo godra' dell'applicazione delle regole generali. Si ravvisa dunque una palese violazione dell'art. 3 della Costituzione nell'interpretazione che della disposizione ne e' stata data dalla Corte costituzionale in forza del quale il principio di uguaglianza vieta di trattare diversamente situazioni uguali, senza ragionevole motivo. Si tratta dunque di valutare se la decisione assunta dal legislatore di differenziare le varie fattispecie sia espressione di un arbitrio o abbia invece dietro di se' una ragione giustificatrice coerente con la causa legis e quindi bisogna stabilire se le ipotesi considerate sono davvero omogenee sotto il profilo oggettivo e se vi sia una effettiva discriminazione ingiustificata. Sotto tale profilo e considerando le fattispecie sopra richiamate non vi e' dubbio che l'esclusione dell'operativita' per ciclisti e pedoni sia giustificata dalla mancanza del presupposto di base (assicurazione obbligatoria R.c.a). Nel caso di coinvolgimento di piu' veicoli la ragione potrebbe essere quella di una indagine piu' approfondita e complessa in assenza di accordo fra i conducenti, indagine che necessariamente si pone in contrasto con le esigenze di celerita' e speditezza che la procedura di indennizzo diretto dovrebbe soddisfare; anche se e' giusto dire che tale discorso non puo' avere una valenza generale, atteso che puo' darsi il caso di un sinistro fra due soli veicoli particolarmente complesso rispetto ad un sinistro con tre veicoli di notevole semplicita' (es. tamponamento multiplo). Inoltre nel caso di lesioni di gravita' superiori al 9% di invalidita' permanente il differente trattamento potrebbe giustificarsi alla luce della necessita' di accertamenti lunghi e soggetti a valutazione discrezionale, ma anche in tale caso la valutazione non appare generalizzabile, dovendosi vedere caso per caso. Un ulteriore punto da menzionare attiene alla tutela giudiziale del diritto al risarcimento del danno subito dal danneggiato rientrante nella previsione di cui all'art. 149 al quale e' fatto obbligo di convenire in giudizio unicamente la propria compagnia assicuratrice, con esclusione del responsabile civile, con tutto cio' che ne consegue anche in termini di prova del fatto storico, attesa l'impraticabilita' della prova per interpello (alla cui mancata risposta conseguono le valutazioni di cui all'art. 232 c.p.c., basti pensare ai sinistri in cui non ha assistito alcun testimone), mentre per i sinistri rientranti nella procedure c.d. ordinaria e' mantenuta la possibilita' di convenire in giudizio il responsabile civile e la sua compagnia assicuratrice. E' evidente che tali disposizioni possano avere un senso e comunque non creare un trattamento discriminatorio soltanto ove le si interpreti nel senso di non creare un obbligo per il danneggiato di agire unicamente nei confronti della propria compagnia, senza escludere per esso la possibilita' di agire nei confronti del responsabile civile. E' infatti innegabile la difficolta' ad ammettere sic et simpliciter la sottrazione dalla sfera di tutela normativamente concessa al danneggiato dalle azioni che in passato poteva ordinariamente svolgere nei confronti di tutti i soggetti responsabili a vario titolo della causazione del sinistro - c.d. solidarieta' atipica ad interesse unisoggettivo di cui all'art. 18 della legge n. 990/1969, ora abrogata, e che vi sia netta obbligatorieta' atteso che in tutti i paesi dell'area europea la procedure di indennizzo diretto riveste carattere di facoltativita'. La lettera della norma sembra invece andare nel senso opposto e per tali motivi si espone apertamente alla violazione dell'art. 3 Costituzione oltre che dell'art. 76 Costituzione. Considerando tali elementi e' evidente che l'impianto complessivo delle riforma, per come formulato, e' privo di coordinamento e contrario ai dettami della Carta costituzionale. b) Violazione, dell'art. 24 della Costituzione. Un sistema di indennizzo che prevede l'esclusione del riconoscimento di compensi per la consulenza o l'assistenza legale in fase stragiudiziale comporta una grave violazione dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione. La fase stragiudiziale e' fondamentale al fine di assicurare al danneggiato il riconoscimento di un equo risarcimento ed e' preliminare, qualora rimanga priva di esito positivo, al successivo giudizio, al quale si lega inscindibilmente in quanto e' proprio la corretta impostazione di essa che determina la proponibilita' della domanda giudiziale. La formulazione degli artt. 149 e 150 unitamente alle disposizioni del d.P.R. n. 256/2006 impone l'adempimento di specifiche formalita' prodromiche alla gestione stragiudiziale del sinistro il cui corretto e preciso rispetto si pone quale condizione di procedibilita' della successiva eventuale domanda giudiziale, e comporta la sussistenza di specifiche competenze tecnico legali e la provenienza delle fase stragiudiziale rispetto al successivo giudizio portano a ritenere che si tratti di un vero e proprio procedimento regolato e scandito da termini ed adempimenti precisi, una sequenza di atti (legislativamente disciplinati) tra loro legati da nessi di implicazione reciproca, preordinati all'atto finale che e' il soddisfacimento del diritto del danneggiato. La previsione di legge appare orientata nel senso che l'intervento legale, durante questa fase, debba ritenersi una mera facolta' e non una necessita' per il danneggiato. Tuttavia, tale orientamento non appare condivisibile, anche alla luce di precedenti interventi della suprema Corte di cassazione, sotto il vigore delle previgenti disposizioni, secondo i quali l'intervento di un professionista, legale o perito di fiducia, e' necessario non solo per dirimere eventuali divergenze sui punti della controversia, ma anche nella fase iniziale, previa considerazione che l'istituto assicurativo e' dotato oltre che di maggior forza economica, anche maggiore organizzazione tecnica e professionalita' che consentono di affrontare tutte le problematiche in materia di risarcimento del danno da circolazione stradale. Vi e' invero da considerare che gia' di per se' la previsione di legge contenuta e nel codice delle assicurazioni (art. 149 e 150 d.lgs. n. 209/2005) e nel regolamento attuativo d.P.R. n. 254/2006, presenta diversi punto oscuri per i comuni cittadini non addetti ai lavori, e che il quadro normativo di riferimento e' reso ancor piu' complesso dalla Convenzione CARD, il cui testo e' stato definito dall'Ania in attuazione dell'art. 13 del d.P.R. n. 254/2006, il quale definisce e dettaglia l'ambito di applicabilita' della procedura di indennizzo diretto precisando ed esemplificando alcune fattispecie in cui la procedure si applica ed altre invece in cui non si applica. La mole di norme e di convenzioni a cui la legge rimanda e' talmente ampia e complessa che il singolo cittadino, gravato dal principio secondo cui ignorantia legis non exusat, non e' oggettivamente in grado da solo, di comprendere pienamente il significato e la portata degli atti che vengono compiuti, fermo restando che in materia di circolazione stradale vi sono degli aspetti squisitamente legali ai quali soltanto l'acquisizione di una precisa professionalita' consente di accedere. Peraltro gia' la Corte di cassazione con la sentenza n. 11606/2005 ha affermato testualmente: «Ed invero, la critica a tale punto della decisione poggia sul convincimento che il cittadino possa conseguire la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti, e non considera che nulla vieta che il legislatore, per varie ragioni di ordine pubblico, possa subordinare l'esercizio dei diritti a controlli o condizioni, che non sono affatto estranei al processo, ma mirano a delimitarne il thema decidendum in contraddittorio fra le parti (Corte cost. 20 aprile 1977 n. 63). Tuttavia, nel prevedere le eccezioni alla regola generale, il legislatore deve rispettare il fondamentale principio di uguaglianza delle parti e il correlativo diritto di difesa, garantito dall'art. 24, comma secondo, della Costituzione, rispetto al quale il contraddittorio fra le parti si pone quale suo indispensabile presupposto. E' cio' che accade nel procedimento per il risarcimento del danno dovuto alla circolazione stradale. Esso inizia con la spedizione della lettera raccomandata inviata dal danneggiato all'assicuratore dell'auto del presunto danneggiante, al fine di consentire fra le parti una prima verifica delle rispettive pretese e, quindi, di conseguire l'eventuale composizione bonaria della vertenza. Non e' dubbio che l'attuale sistema legislativo in materia di assicurazione obbligatoria per la responsabilita' civile da circolazione stradale, composto di vari interventi legislativi susseguitisi nel tempo, non e' di agevole conoscenza da parte degli utenti e che non tutti hanno il tempo disponibile per l'adempimento delle relative formalita'. Tale rilievo, evidenziato dalla difesa del controricorrente, vale, pero', a far riconoscere le spese stragiudiziali come conseguenza del fatto lesivo, ma non sposta il tema della decisione, che e' quello di stabilire se il danneggiato ha diritto di farsi assistere da un legale anche nella fase pregiudiziale e di ottenere, quindi, il rimborso del relativo compenso ovvero, nel caso contrario, se la negazione di tale diritto venga a costituire una violazione del diritto di difesa del danneggiatole allora considerare che l'intervento di un professionista, sia esso un legale o un perito di fiducia, cosi' come previsto dall'art. 5, ultimo comma legge 5 marzo 2001 n. 57 e come affermato nel regime precedente dalla Corte di cassazione (Cass.12 ott. 1998 n.11090 in Giust. Civ. 1999.1.422) e' necessario non solo per dirimere eventuali divergenze su punti della controversia, quanto per garantire gia' in questa prima fase la regolarita' del contraddittorio, ove si osservi che l'istituto assicuratore non solo e' economicamente piu' forte, ma anche tecnicamente organizzato e professionalmente attrezzato per affrontare tutte le problematiche in materia di risarcimento del danno da circolazione stradale, attesa la complessita' e molteplicita' dei principi regolatori della materia. Va, quindi, affermato il principio che nella speciale procedura per il risarcimento del danno da circolazione stradale, introdotta con legge n. 990 del 1969 e sue successive modificazioni, il danneggiato ha diritto, in ragione del suo diritto di difesa, costituzionalmente garantito, di farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi di composizione bonaria della vertenza, ad ottenere il rimborso delle relative spese legali». Va poi considerato che colui che richiede il risarcimento del danno ha la duplice veste di assicurato danneggiato, ovvero e' colui che ha diritto ad ottenere un equo risarcimento per danno subito, ma che per l'ente assicuratore rappresenta in quel momento un costo, che secondo i canoni della gestione aziendale deve essere il piu' possibile contenuto nei limiti di bilancio e conseguentemente riportato il piu' possibile al ribasso. L'ente assicuratore, in altri termini, si pone in una situazione di conflitto di interessi con il proprio assicurato, verso il quale e' tenuto al risarcimento del danno ed alla prestazione di specifici servizi di assistenza, ma rispetto al quale deve anche contenere la spesa, da ricondurre a precisi vincoli di bilancio propri di tutte le societa' commerciali con scopo di lucro, volta al soddisfacimento del profitto aziendale. La tenuta complessiva del sistema non puo' prescindere da una valutazione (da effettuarsi anche con cadenze temporali costanti) se davvero l'obiettivo asseritamente affermato dal legislatore - riduzione dei costi dei premi assicurativi delle polizze - cioe' la tutela del contraente «debole», ovvero se la sua applicazione si traduca unicamente in una riduzione dei costi ed aumento dell'utile per la compagnia. La competenza ed il sostegno che il legale di fiducia puo' offrire al cliente danneggiato rappresenta un inefficace ed insostituibile strumento a sostegno delle ragioni del danneggiato, le cui funzioni non possono essere svolte dallo stesso soggetto preposto al risarcimento (che assume la piu' corretta veste della parte avversa) nell'ambito dell'assistenza tecnica ed informativa di cui all'art. 9 del d.P.R. n. 254/2006, atteso che, ai sensi della predetta disposizione di legge, in buona sostanza la compagnia, e' tenuta a dare supporto tecnico alla compilazione della richiesta di risarcimento, al suo controllo ed alla sua eventuale integrazione, all'illustrazione e precisazione dei criteri di responsabilita' come predeterminati nell'allegato A del medesimo d.P.R., cio' all'effettuazione di un'attivita', meccanica e meramente compilativa che non e' esaustiva al fine di tutelare il diritto del danneggiato. Cio' premesso deve ritenersi precisa esplicazione del diritto inviolabile di difesa la scelta degli strumenti piu' adatti a garantire i propri diritti e dunque poter affidare ad un legale di fiducia la gestione della fase successiva ed eventuale del contenzioso giudiziario sia della precedente e propedeutica fase stragiudiziale i cui adempimenti burocratici costituiscono i necessari presupposti legali per la corretta instaurazione dell'azione legale. Qualora invece le spese legali, predeterminabili in forza di tariffe approvate per legge, secondo la previsione dell'art. 9 comma 2 del d.P.R. n. 251/2006, fossero escluse dal rimborso al danneggiato, dovendo questi accollarsele integralmente, configurandosi quale strumento non necessario, si assisterebbe ad una vera e propria violazione del diritto di difesa per il danneggiato. c) Eccesso di delega ex art. 76 della Costituzione. Preliminarmente occorre ricordare che l'art. 76 della Costituzione consente la delega dell'esercizio della funzione legislativa al governo nella misura in cui l'organo titolare della relativa funzione determini i criteri ed i principi direttivi, per un tempo limitato e per oggetti definiti. Il potere normativo delegato, conferito con la legge 29 luglio 2003, n. 229 - riassetto delle assicurazioni - era limitato al riassetto delle disposizioni vigenti in materia assicurativa, atteso che l'art. 4, comma 1, lettera b) nell'elencare i principi e criteri direttivi afferma: «tutela dei consumatori e in generale dei contraenti piu' deboli sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali dell'informativa preliminare contestuale e successiva alla conclusione del contratto avendo riguardo alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di questo servizio.». Il legislatore delegante intendeva dunque tutelare il consumatore nel processo che va dalla conclusione del contratto alla liquidazione del danno; la ratio della delega era quella di operare un riassetto della materia e non quella di prevedere la massiva abrogazione di norme ed il sostanziale stravolgimento del sistema della responsabilita' civile come disciplinata dal codice del 1942. Esempio ne sia la previsione di cui all'art. 149 ultimo comma, ai sensi del quale il danneggiato puo' proporre l'azione diretta nei soli confronti della propria impresa di assicurazione, con esclusione del responsabile civile. Senza entrare nel merito nelle conseguenze che derivano da siffatta impostazione in tema di prova della responsabilita', non ve' chi non veda il sostanziale scollamento dai principi generali fissati negli artt. 2043 e 2054 ss del codice civile. Il legislatore delegato dunque non si e' limitato ad operare un riassetto del quadro normativo esistente, seppur necessario, ma espressamente prevedendo l'abrogazione del complesso delle norme fino ad allora in vigore (art. 354 d.lgs. n. 209/2005), ha di fatto introdotto un sistema completamente nuovo sia nelle procedure che nella tutela giudiziaria, senza prevedere specifiche disposizioni di raccordo fra le norme stesse e con i principi generali sanciti nel codice civile.