IL GIUDICE DI PACE 
 
    Letta la comparsa di costituzione e risposta depositata  in  atti
dalla Navale Assicurazioni S.p.a. nella causa  iscritta  al  n.  R.G.
5302/2007  presso  questo  Giudice  di  Pace,  instaurata  da  Basile
Giuseppe avente ad oggetto domanda di risarcimento danni da  sinistro
stradale, con  la  quale  la  convenuta  Compagnia  di  Assicurazioni
sollevava questione di incostituzionalita' delle disposizioni di  cui
all'articoli  149-150  d.lgs.  n.  209/2005  e  del  regolamento   di
attuazione  (d.P.R.  n.  254/2006)  ai  sensi  dell'art.  134   della
Costituzione e dell'art. 23 legge n. 87/1953; 
    Ritenuta  la  rilevanza  e  non  manifesta   infondatezza   della
questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla convenuta in
relazione agli articoli 149 e 150  della  Costituzione  in  relazione
agli articoli 3 e 76 della Costituzione della Repubblica Italiana; 
    Osservato e  rilevato  che,  ad  avviso  di  questo  giudice,  le
summenzionate   norme   acquistano   rilevanza   sotto   il   profilo
dell'incostituzionalita'; ritenuta  quindi  la  rilevanza  e  la  non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
sollevata dalla convenuta degli articoli 149 e 150 del  Codice  delle
assicurazioni  per  contrasto  con  gli  articoli  3   e   76   della
Costituzione. 
    Riportandosi alla narrativa di cui alla comparsa di  costituzione
e risposta ed alla verbalizzazione della convenuta all'udienza del  7
gennaio 2008, a scioglimento  della  riserva,  ritiene  di  sollevare
questione di legittimita' costituzionale delle sopra  indicate  norme
avanti alla ecc.ma Corte costituzionale per i seguenti 
 
                             M o t i v i 
 
    Il d.lgs. 7 settembre 2005 n.  209,  Codice  delle  assicurazioni
private, ha introdotto nell'ordinamento italiano una nuova  procedura
per il  risarcimento  del  danno  cagionato  a  seguito  di  sinistri
verificatisi  in  occasione  della  circolazione  dei  veicoli  sulle
strade.  La  nuova  procedura  di   liquidazione   introdotta   dalla
normativa, rubricata «indennizzo diretto», avrebbe dovuto, secondo le
intenzioni del legislatore, facilitare  e  stringere  i  tempi  della
liquidazione  dei  danni  e   contribuire   a   contenere   i   costi
assicurativi. Vi sono vari profili ed aspetti problematici  derivanti
dall'applicazione concreta  di  dette  disposizioni  che  evidenziano
dubbi di legittimita'  costituzionalita'  dell'impianto  normativo  e
regolamentare della procedura di indennizzo diretto. 
    1) Rilevanza della questione. 
    Nel procedimento in  cui  e'  stata  sollevata  la  questione  di
legittimita' costituzionale, l'attore Basile Giuseppe ha convenuto in
giudizio la Navale assicurazioni S.p.a., compagnia  che  lo  assicura
per la  r.c.a.,  in  conformita'  ed  applicazione  della  disciplina
stabilita dagli articoli 149 e 150 del  Codice  delle  Assicurazioni.
Nel caso de quo sussiste un evidente collegamento giuridico, e non di
mero fatto, fra la res oggetto  di  giudizio  e  le  norme  di  legge
ritenute in contrasto  con  il  dettato  costituzionale.  Inoltre  il
collegamento appare fondamentale anche ai  fini  sostanziali,  atteso
che, in assenza di detti articoli 149 e 150 l'azione del  danneggiato
sarebbe stata proposta nei confronti del responsabile civile, o anche
della  sua  compagnia  assicuratrice  con  azione  diretta,  soggetti
diversi dall'odierna convenuta: pertanto la conformita' o  meno  alla
normativa costituzionale degli articoli 149 e 150  del  Codice  delle
assicurazioni  private  appare  determinante  e  rilevante  ai   fini
decisori, atteso che, ove le predette disposizioni fossero dichiarate
incostituzionali la domanda  risarcitoria  del  danneggiato  dovrebbe
essere rivolte al responsabile civile e/o alla  rispettiva  compagnia
assicuratrice.  Sussiste  quindi  un   rapporto   di   strumentalita'
necessaria  fra  la  risoluzione  della  questione  di   legittimita'
costituzionale e la decisione del  giudizio  principale,  dovendo  le
predette norme essere applicate alla fattispecie de quo. 
    2) Non manifesta infondatezza. 
    a) Violazione dell'art. 3 della Costituzione. 
    Un principio fondamentale della nostra  Carta  costituzionale  e'
quello dell'uguaglianza del cittadini davanti alla legge. 
    L'introduzione della procedura liquidativa di indennizzo  diretto
comporta che i cittadini, danneggiati  da  un  unico  fatto  illecito
«sinistro  stradale»  dovranno  vedersi  applicare  norme  giuridiche
differenti per ottenere il risarcimento dei danni  patiti  a  seconda
della tipologia del sinistro. Invero l'art. 149 del codice si applica
unicamente in caso di sinistro tra due veicoli a motore  identificati
ed assicurati per la responsabilita' civile obbligatoria,  dal  quale
siano derivati danni ai veicoli coinvolti o ai  loro  conducenti.  La
procedura in questione riguarda i danni al veicolo  nonche'  i  danni
alle cose trasportate di proprieta' dell'assicurato o del conducente,
e si applica altresi' al danno alla persona subito dal conducente non
responsabile se risulta contenuto nel limite previsto dall'art.  139,
mentre  non  si  applica  ai  sinistri  avvenuti  all'estero  ed   al
risarcimento del danno subito dal terzo trasportato. 
    Tralasciando la  fattispecie  del  sinistro  avvenuto  fuori  dal
territorio dello stato che necessariamente deve  essere  assoggettato
una procedura liquidativa particolare, non vi e' dubbio  che  con  il
nuovo impianto  normativo,  un  medesimo  sinistro  possa  dar  luogo
all'instaurazione di molteplici procedure liquidative, differenti fra
loro ed in grado di porre ingiustificatamente  in  una  posizione  di
disuguaglianza i cittadini. 
    In primo luogo i soggetti danneggiati in un sinistro avvenuto fra
tre o piu' veicoli a motore, i quali devono avviare la c.d. procedura
ordinaria di risarcimento ex art. 148 del Codice delle assicurazioni;
in secondo luogo i conducenti che  subiscano  lesioni  personali  non
contenute nel limite previsto dall'art. 139, i quali devono anch'essi
usufruire della procedura ordinaria di risarcimento di  cui  all'art.
148, con l'ulteriore aggravante che  al  momento  della  formulazione
della  richiesta  di  risarcimento  danni,  e   quindi   al   momento
dell'individuazione del proprio contraddittore, il danneggiato non e'
in grado di sapere a quanto ammonti  il  danno  biologico  subito  in
termini  percentuali,  trattandosi  di  una  valutazione  prettamente
medico-legale  determinabile  solo  all'esito  della  chiusura  della
malattia, e se si astratti o meno di  lesioni  di  lieve  entita'  ai
sensi dell'art. 139; con la conseguenza che tale conducente non e' in
grado di sapere almeno fino a  quando  la  valutazione  medico-legale
divenga definitiva - cosa che  si  verifica  frequentemente  a  lunga
distanza - dal verificarsi  del  sinistro  -  verso  quale  compagnia
assicuratrice rivolgere la propria  richiesta  danni  (fa  propria  o
quella del responsabile civile). Il bene  salute,  costituzionalmente
tutelato, e' unico e non suscettibile di siffatte distinzioni, specie
quando l'assoggettamento a diverse procedure  liquidative  non  trova
alcuna ragione logica: infatti non e' dato ravvisare la  regione  per
la quale le lesioni c.d. di lieve entita' contenute nel limite di cui
all'art.  139  restino  assoggettate  alla  procedure  di  indennizzo
diretto e quelle  superiori  invece  no.  Ancora  una  disparita'  si
verifica relativamente al  danno  subito  dal  terzo  trasportato  il
quale,  ai  sensi  dell'art.  141  Cod.  delle  assicurazioni,  viene
risarcito dall'impresa assicuratrice del  veicolo  sul  quale  era  a
bordo al momento del sinistro. A prescindere dall'accertamento  delle
rispettive responsabilita' dei conducenti. Altra disparita'  concerne
ancora il trattamento riservato ai pedoni, ciclisti, o altri beni  ai
quali ancora non si applica la procedura di  indennizzo  diretto,  ma
quella ordinaria ex art. 148. 
    E'  evidente  quindi  che  lo  scopo  precipuo   perseguito   dal
legislatore di accelerare  i  tempi  di  liquidazione  venga  attuato
unicamente ed in maniera irrazionale  ed  ingiustificata  per  alcuni
soltanto dei cittadini ovvero per quelli a cui  risulti  in  concreto
applicabile la predetta procedura, mentre per altri l'accadimento  di
un sinistro rischia di tradursi nell'instaurazione di un  farraginoso
meccanismo.  La  problematica  e'  complessa  perche'  la   normativa
sull'indennizzo diretto non si limita a stabilire a chi richiedere il
risarcimento dei danni subiti (alla propria  compagnia  assicuratrice
ovvero a quella del responsabile civile) e  a  stabilire  determinate
regole procedurali (ovvero che debba essere convenuto in giudizio  un
soggetto  diverso  dal  civilmente  responsabile,  quale  la  propria
compagnia  assicuratrice)  ma  detta   anche   diversi   criteri   di
risarcimento  e,  conseguentemente  una  diversa  applicazione,   del
diritto sostanziale. Invero l'art. 150 prevede, rinviando all'uopo ad
successivo decreto attuativo, che vengano individuati precisi criteri
di risarcimento nei casi di indennizzo diretto.  Ed  infatti  con  il
d.P.R.  n.  256/2006  prevede  l'adozione  di  precisi  criteri   per
l'indennizzo diretto, statuendo pertanto per  decreto,  il  grado  di
responsabilita' delle parti, ed il limite di risarcibilita' del danno
accessorio,  attuando  un   diverso   trattamento   fra   chi   viene
assoggettato al risarcimento diretto e chi non lo e',  in  quanto  il
primo  non  potra'  vedersi  riconoscere  danni   accessori   ed   in
particolare restera' esclusa la  corresponsione  del  rimborso  delle
spese sostenute per la consulenza o assistenza professionale  di  cui
si sia avvalso ad eccezione di quella medico-legale per i danni  alla
persona, mentre il secondo potra' ricevere come sempre  avvenuto,  il
rimborso di tali  spese,  non  essendovi  un  divieto  analogo  nella
disciplina della procedure ordinaria;  inoltre  il  primo  si  vedra'
attribuire una responsabilita'  diversa  o  comunque  determinata  in
maniera diversa rispetto alle previsioni di carattere generale di cui
all'art. 2054 c.c., mentre il secondo godra' dell'applicazione  delle
regole generali. 
    Si  ravvisa  dunque  una  palese  violazione  dell'art.  3  della
Costituzione nell'interpretazione che della disposizione ne e'  stata
data dalla Corte costituzionale in forza del quale  il  principio  di
uguaglianza vieta di trattare diversamente situazioni  uguali,  senza
ragionevole motivo. Si tratta dunque  di  valutare  se  la  decisione
assunta dal legislatore di differenziare  le  varie  fattispecie  sia
espressione di un arbitrio o abbia invece dietro di se'  una  ragione
giustificatrice  coerente  con  la  causa  legis  e  quindi   bisogna
stabilire se le ipotesi considerate sono davvero  omogenee  sotto  il
profilo  oggettivo  e  se  vi  sia  una   effettiva   discriminazione
ingiustificata. Sotto tale  profilo  e  considerando  le  fattispecie
sopra richiamate non vi e' dubbio che l'esclusione  dell'operativita'
per ciclisti e pedoni sia giustificata dalla mancanza del presupposto
di   base   (assicurazione   obbligatoria   R.c.a).   Nel   caso   di
coinvolgimento di piu' veicoli la ragione potrebbe essere  quella  di
una indagine piu' approfondita e complessa in assenza di accordo  fra
i conducenti, indagine che necessariamente si pone in  contrasto  con
le esigenze di celerita' e speditezza che la procedura di  indennizzo
diretto dovrebbe  soddisfare;  anche  se  e'  giusto  dire  che  tale
discorso non puo' avere una valenza generale, atteso che  puo'  darsi
il caso di un sinistro fra due soli veicoli particolarmente complesso
rispetto ad un sinistro con tre veicoli di notevole semplicita'  (es.
tamponamento multiplo). Inoltre  nel  caso  di  lesioni  di  gravita'
superiori al 9% di invalidita' permanente il  differente  trattamento
potrebbe giustificarsi alla luce  della  necessita'  di  accertamenti
lunghi e soggetti a valutazione discrezionale, ma anche in tale  caso
la valutazione non appare generalizzabile, dovendosi vedere caso  per
caso. 
    Un ulteriore punto da menzionare attiene alla  tutela  giudiziale
del  diritto  al  risarcimento  del  danno  subito  dal   danneggiato
rientrante nella previsione di cui all'art. 149  al  quale  e'  fatto
obbligo di convenire in  giudizio  unicamente  la  propria  compagnia
assicuratrice, con esclusione del responsabile civile, con tutto cio'
che ne consegue anche in termini di prova del fatto  storico,  attesa
l'impraticabilita' della  prova  per  interpello  (alla  cui  mancata
risposta conseguono le valutazioni di cui all'art. 232 c.p.c.,  basti
pensare ai sinistri in cui non ha assistito alcun testimone),  mentre
per i sinistri rientranti nella procedure c.d. ordinaria e' mantenuta
la possibilita' di convenire in giudizio il responsabile civile e  la
sua  compagnia  assicuratrice.  E'  evidente  che  tali  disposizioni
possano  avere  un  senso  e  comunque  non  creare  un   trattamento
discriminatorio soltanto ove le si interpreti nel senso di non creare
un obbligo per il danneggiato di agire unicamente nei confronti della
propria compagnia, senza escludere per esso la possibilita' di  agire
nei confronti del responsabile civile. 
    E'  infatti  innegabile  la  difficolta'  ad  ammettere  sic   et
simpliciter la  sottrazione  dalla  sfera  di  tutela  normativamente
concessa  al  danneggiato  dalle  azioni  che   in   passato   poteva
ordinariamente  svolgere  nei   confronti   di   tutti   i   soggetti
responsabili a vario titolo della  causazione  del  sinistro  -  c.d.
solidarieta' atipica ad interesse unisoggettivo di  cui  all'art.  18
della  legge  n.  990/1969,  ora  abrogata,  e  che  vi   sia   netta
obbligatorieta' atteso che in tutti  i  paesi  dell'area  europea  la
procedure di indennizzo diretto riveste carattere di  facoltativita'.
La lettera della norma sembra invece andare nel senso opposto  e  per
tali  motivi  si  espone  apertamente  alla  violazione  dell'art.  3
Costituzione oltre che dell'art. 76 Costituzione. 
    Considerando tali elementi e' evidente che l'impianto complessivo
delle riforma, per  come  formulato,  e'  privo  di  coordinamento  e
contrario ai dettami della Carta costituzionale. 
    b) Violazione, dell'art. 24 della Costituzione. 
    Un  sistema  di   indennizzo   che   prevede   l'esclusione   del
riconoscimento di compensi per la consulenza o l'assistenza legale in
fase stragiudiziale  comporta  una  grave  violazione  dell'art.  24,
secondo  comma,  della  Costituzione.  La  fase   stragiudiziale   e'
fondamentale al fine di assicurare al danneggiato  il  riconoscimento
di un equo risarcimento ed e' preliminare, qualora rimanga  priva  di
esito  positivo,  al  successivo   giudizio,   al   quale   si   lega
inscindibilmente in quanto e' proprio  la  corretta  impostazione  di
essa che determina la proponibilita'  della  domanda  giudiziale.  La
formulazione degli artt. 149 e 150 unitamente alle  disposizioni  del
d.P.R. n. 256/2006  impone  l'adempimento  di  specifiche  formalita'
prodromiche alla gestione stragiudiziale del sinistro il cui corretto
e preciso rispetto si pone quale condizione di  procedibilita'  della
successiva eventuale domanda giudiziale, e comporta la sussistenza di
specifiche competenze tecnico legali  e  la  provenienza  delle  fase
stragiudiziale rispetto al successivo giudizio portano a ritenere che
si tratti di un vero e proprio procedimento regolato  e  scandito  da
termini   ed   adempimenti   precisi,   una    sequenza    di    atti
(legislativamente  disciplinati)  tra  loro  legati   da   nessi   di
implicazione  reciproca,  preordinati  all'atto  finale  che  e'   il
soddisfacimento del diritto del danneggiato. 
    La  previsione  di  legge  appare   orientata   nel   senso   che
l'intervento legale, durante questa fase, debba  ritenersi  una  mera
facolta' e non una necessita' per il danneggiato. 
    Tuttavia, tale orientamento non appare condivisibile, anche  alla
luce di precedenti interventi  della  suprema  Corte  di  cassazione,
sotto il  vigore  delle  previgenti  disposizioni,  secondo  i  quali
l'intervento di un professionista, legale o  perito  di  fiducia,  e'
necessario non solo per dirimere eventuali divergenze sui punti della
controversia, ma anche nella fase iniziale, previa considerazione che
l'istituto  assicurativo  e'  dotato  oltre  che  di  maggior   forza
economica, anche maggiore organizzazione tecnica  e  professionalita'
che consentono di affrontare tutte le  problematiche  in  materia  di
risarcimento del danno da circolazione  stradale.  Vi  e'  invero  da
considerare che gia' di per se' la previsione di  legge  contenuta  e
nel codice delle assicurazioni (art. 149 e 150 d.lgs. n. 209/2005)  e
nel regolamento attuativo d.P.R. n. 254/2006, presenta diversi  punto
oscuri per i comuni cittadini non addetti ai lavori, e che il  quadro
normativo  di  riferimento  e'  reso  ancor  piu'   complesso   dalla
Convenzione CARD,  il  cui  testo  e'  stato  definito  dall'Ania  in
attuazione dell'art. 13 del d.P.R. n. 254/2006, il quale definisce  e
dettaglia l'ambito di applicabilita' della  procedura  di  indennizzo
diretto precisando ed esemplificando alcune  fattispecie  in  cui  la
procedure si applica ed altre invece in cui non si applica. 
    La mole di norme e di convenzioni  a  cui  la  legge  rimanda  e'
talmente ampia e complessa che  il  singolo  cittadino,  gravato  dal
principio  secondo  cui  ignorantia  legis   non   exusat,   non   e'
oggettivamente  in  grado  da  solo,  di  comprendere  pienamente  il
significato e la portata  degli  atti  che  vengono  compiuti,  fermo
restando che in  materia  di  circolazione  stradale  vi  sono  degli
aspetti squisitamente legali ai quali soltanto l'acquisizione di  una
precisa professionalita' consente di accedere. Peraltro gia' la Corte
di  cassazione  con  la   sentenza   n.   11606/2005   ha   affermato
testualmente: «Ed invero, la critica a  tale  punto  della  decisione
poggia sul convincimento che il cittadino possa conseguire la  tutela
giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti,  e
non considera che nulla vieta che il legislatore, per  varie  ragioni
di ordine pubblico,  possa  subordinare  l'esercizio  dei  diritti  a
controlli o condizioni, che non sono affatto estranei al processo, ma
mirano a delimitarne il thema decidendum in  contraddittorio  fra  le
parti (Corte cost. 20 aprile 1977 n. 63). Tuttavia, nel prevedere  le
eccezioni alla regola generale, il  legislatore  deve  rispettare  il
fondamentale principio di uguaglianza delle parti  e  il  correlativo
diritto di difesa,  garantito  dall'art.  24,  comma  secondo,  della
Costituzione, rispetto al quale il contraddittorio fra  le  parti  si
pone quale suo indispensabile presupposto. E'  cio'  che  accade  nel
procedimento per il risarcimento del danno dovuto  alla  circolazione
stradale. Esso inizia con la spedizione  della  lettera  raccomandata
inviata  dal  danneggiato  all'assicuratore  dell'auto  del  presunto
danneggiante, al fine di consentire fra le parti una  prima  verifica
delle  rispettive  pretese  e,  quindi,  di  conseguire   l'eventuale
composizione bonaria della vertenza.  Non  e'  dubbio  che  l'attuale
sistema legislativo in materia di assicurazione obbligatoria  per  la
responsabilita' civile da circolazione  stradale,  composto  di  vari
interventi legislativi susseguitisi nel  tempo,  non  e'  di  agevole
conoscenza da parte degli utenti e  che  non  tutti  hanno  il  tempo
disponibile  per  l'adempimento  delle  relative   formalita'.   Tale
rilievo, evidenziato dalla difesa del controricorrente, vale,  pero',
a far riconoscere le spese stragiudiziali come conseguenza del  fatto
lesivo, ma non sposta il tema  della  decisione,  che  e'  quello  di
stabilire se il danneggiato ha  diritto  di  farsi  assistere  da  un
legale anche nella fase  pregiudiziale  e  di  ottenere,  quindi,  il
rimborso del relativo compenso ovvero,  nel  caso  contrario,  se  la
negazione di tale diritto  venga  a  costituire  una  violazione  del
diritto  di  difesa  del   danneggiatole   allora   considerare   che
l'intervento di un professionista, sia esso un legale o un perito  di
fiducia, cosi' come previsto dall'art. 5, ultimo comma legge 5  marzo
2001 n. 57 e come affermato nel  regime  precedente  dalla  Corte  di
cassazione (Cass.12 ott. 1998 n.11090 in Giust. Civ.  1999.1.422)  e'
necessario non solo per dirimere eventuali divergenze su punti  della
controversia, quanto per garantire  gia'  in  questa  prima  fase  la
regolarita'  del  contraddittorio,  ove  si  osservi  che  l'istituto
assicuratore  non  solo  e'  economicamente  piu'  forte,  ma   anche
tecnicamente   organizzato   e   professionalmente   attrezzato   per
affrontare tutte le problematiche  in  materia  di  risarcimento  del
danno  da   circolazione   stradale,   attesa   la   complessita'   e
molteplicita' dei principi  regolatori  della  materia.  Va,  quindi,
affermato  il  principio  che  nella  speciale   procedura   per   il
risarcimento del danno da circolazione stradale, introdotta con legge
n. 990 del 1969 e sue successive  modificazioni,  il  danneggiato  ha
diritto, in ragione del suo  diritto  di  difesa,  costituzionalmente
garantito, di farsi assistere da un legale di fiducia e,  in  ipotesi
di composizione bonaria della vertenza, ad ottenere il rimborso delle
relative spese legali». 
    Va poi considerato che colui che  richiede  il  risarcimento  del
danno ha la duplice veste di assicurato danneggiato, ovvero e'  colui
che ha diritto ad ottenere un equo risarcimento per danno subito,  ma
che per l'ente assicuratore rappresenta in quel momento un costo, che
secondo i  canoni  della  gestione  aziendale  deve  essere  il  piu'
possibile  contenuto  nei  limiti  di  bilancio  e   conseguentemente
riportato il piu' possibile al ribasso. L'ente assicuratore, in altri
termini, si pone in una situazione di conflitto di interessi  con  il
proprio assicurato, verso il quale  e'  tenuto  al  risarcimento  del
danno ed alla prestazione di  specifici  servizi  di  assistenza,  ma
rispetto al quale deve anche contenere  la  spesa,  da  ricondurre  a
precisi vincoli di bilancio propri di tutte le  societa'  commerciali
con scopo di lucro, volta al soddisfacimento del profitto aziendale. 
    La tenuta complessiva del sistema non  puo'  prescindere  da  una
valutazione (da effettuarsi anche con cadenze temporali costanti)  se
davvero  l'obiettivo  asseritamente  affermato  dal   legislatore   -
riduzione dei costi dei premi assicurativi delle polizze -  cioe'  la
tutela del contraente «debole», ovvero  se  la  sua  applicazione  si
traduca unicamente in una riduzione dei costi ed  aumento  dell'utile
per la compagnia. 
    La competenza ed il  sostegno  che  il  legale  di  fiducia  puo'
offrire  al  cliente  danneggiato  rappresenta   un   inefficace   ed
insostituibile strumento a sostegno delle ragioni del danneggiato, le
cui funzioni non possono essere svolte dallo stesso soggetto preposto
al risarcimento (che  assume  la  piu'  corretta  veste  della  parte
avversa) nell'ambito dell'assistenza tecnica ed  informativa  di  cui
all'art. 9 del  d.P.R.  n.  254/2006,  atteso  che,  ai  sensi  della
predetta disposizione di legge, in buona sostanza  la  compagnia,  e'
tenuta a dare supporto tecnico alla compilazione della  richiesta  di
risarcimento, al suo controllo ed alla  sua  eventuale  integrazione,
all'illustrazione e precisazione dei criteri di responsabilita'  come
predeterminati   nell'allegato   A   del   medesimo   d.P.R.,    cio'
all'effettuazione di un'attivita', meccanica e meramente  compilativa
che non e' esaustiva al fine di tutelare il diritto del danneggiato. 
    Cio' premesso deve ritenersi  precisa  esplicazione  del  diritto
inviolabile di  difesa  la  scelta  degli  strumenti  piu'  adatti  a
garantire i propri diritti e dunque poter affidare ad  un  legale  di
fiducia  la  gestione  della  fase  successiva   ed   eventuale   del
contenzioso giudiziario sia  della  precedente  e  propedeutica  fase
stragiudiziale  i  cui  adempimenti   burocratici   costituiscono   i
necessari  presupposti   legali   per   la   corretta   instaurazione
dell'azione legale. 
    Qualora invece le spese  legali,  predeterminabili  in  forza  di
tariffe approvate per legge, secondo la previsione dell'art. 9  comma
2  del  d.P.R.  n.  251/2006,  fossero  escluse   dal   rimborso   al
danneggiato,    dovendo    questi     accollarsele     integralmente,
configurandosi quale strumento non necessario, si assisterebbe ad una
vera e propria violazione del diritto di difesa per il danneggiato. 
    c) Eccesso di delega ex art. 76 della Costituzione. 
    Preliminarmente   occorre   ricordare   che   l'art.   76   della
Costituzione  consente  la  delega  dell'esercizio   della   funzione
legislativa al governo nella misura in cui  l'organo  titolare  della
relativa funzione determini i criteri ed i principi direttivi, per un
tempo limitato e per oggetti definiti. 
    Il potere normativo delegato, conferito con la  legge  29  luglio
2003, n. 229 -  riassetto  delle  assicurazioni  -  era  limitato  al
riassetto delle disposizioni vigenti in materia assicurativa,  atteso
che l'art. 4, comma 1, lettera b) nell'elencare i principi e  criteri
direttivi  afferma:  «tutela  dei  consumatori  e  in  generale   dei
contraenti piu' deboli  sotto  il  profilo  della  trasparenza  delle
condizioni contrattuali dell'informativa  preliminare  contestuale  e
successiva  alla  conclusione  del  contratto  avendo  riguardo  alla
correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di  liquidazione
dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di questo servizio.». 
    Il legislatore delegante intendeva dunque tutelare il consumatore
nel processo che va dalla conclusione del contratto alla liquidazione
del danno; la ratio della delega era quella di operare  un  riassetto
della materia e non quella di prevedere  la  massiva  abrogazione  di
norme  ed   il   sostanziale   stravolgimento   del   sistema   della
responsabilita' civile come disciplinata dal codice del 1942. 
    Esempio ne sia la previsione di cui all'art. 149 ultimo comma, ai
sensi del quale il danneggiato puo'  proporre  l'azione  diretta  nei
soli confronti della propria impresa di assicurazione, con esclusione
del responsabile civile. Senza entrare nel merito  nelle  conseguenze
che  derivano  da  siffatta  impostazione  in  tema  di  prova  della
responsabilita', non ve' chi non veda il sostanziale scollamento  dai
principi generali fissati negli artt.  2043  e  2054  ss  del  codice
civile. 
    Il legislatore delegato dunque non si e' limitato ad  operare  un
riassetto del  quadro  normativo  esistente,  seppur  necessario,  ma
espressamente prevedendo l'abrogazione del complesso delle norme fino
ad allora in vigore (art.  354  d.lgs.  n.  209/2005),  ha  di  fatto
introdotto un sistema completamente nuovo  sia  nelle  procedure  che
nella tutela giudiziaria, senza prevedere specifiche disposizioni  di
raccordo fra le norme stesse e con i principi  generali  sanciti  nel
codice civile.